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Synergia Magazine

L'integrazione delle 'Tagesmutter' nella rete dei servizi all'infanzia

di Rebecca Zanuso

Mutamento Sociale n.4 - Dicembre 2004

Concepita come un servizio integrativo e complementare rispetto a quello fornito dai tradizionali servizi per i bambini in età pre-scolare, l'assistenza domiciliare all'infanzia è stata sperimentata in Italia soprattutto per quanto riguarda i bambini più piccoli (età inferiore ai tre anni). L'esperienza più significativa in tal senso è quella altoatesina, costruita facendo riferimento ai più collaudati modelli austriaci e tedeschi.

L'idea di base è semplice: selezionare e formare madri disponibili ad accudire più bambini (sei, inclusi i propri), al fine di far fronte ad una domanda di accudimento infantile in forte crescita ed alla quale gli asili nido pubblici e privati faticano a far fronte. Contemporaneamente, ed è il secondo principio ispiratore del servizio, si recupera disoccupazione locale di donne che, a causa della dedizione alla famiglia, hanno interrotto rapporti di lavoro e che vorrebbero rientrare nel ciclo produttivo, riqualificarsi, senza perdere l'opportunità di giocare un ruolo forte nell'allevamento dei figli. Da qui l'appellativo Tagesmütter, o 'madri di giorno', con cui l'assistenza domiciliare all'infanzia è comunemente chiamata nei contesti di lingua tedesca. Questo servizio permette di andare incontro alle necessità specifiche di ogni bambino sia dal punto di vista delle sue abitudini, sia da quello della flessibilità delle prestazioni, la cui durata e la cui frequenza vengono concordate direttamente con le famiglie.

Nel caso altoatesino, l'ente pubblico non interviene direttamente nella gestione del servizio, che è interamente svolto da istituzioni private senza scopo di lucro (cooperative sociali o associazioni). Esso entra in gioco soltanto nella verifica e certificazione degli standard igienico-sanitari cui deve rispondere l'abitazione della Tagesmütter, il luogo dove si svolge la prestazione, e nella concessione di contributi a seconda del reddito, a parziale copertura delle spese che gli utenti del servizio sono chiamati a sostenere, nonché a parziale copertura delle spese di gestione sostenute dagli enti del terzo settore che erogano il servizio. L'Ente pubblico stabilisce inoltre i criteri guida che informano la selezione e la valutazione delle assistenti domiciliari all'infanzia. Tutte le assistenti e i bambini durante il periodo di custodia sono tutelati da un'assicurazione infortuni e responsabilità civile a cura della cooperativa organizzatrice, che si occupa anche della specifica formazione, dell'aggiornamento professionale delle operatrici e del monitoraggio del loro lavoro. Al termine del percorso formativo (che consta di una parte teorica e di un tirocinio), dopo un esame finale viene attribuita una qualifica che, tuttavia, non è ancora riconosciuta a livello nazionale.

Alcune esperienze pilota italiane (non ultima quella attivata nel corso del 2004 sui territori dei Comuni di Milano e Brescia, inserita del quadro del progetto Equal 'Empowerment dei lavoratori stranieri' cui ha partecipato Synergia nel ruolo di valutatore esterno) hanno inoltre pensato di integrare questa idea con l'offerta di una significativa opportunità di riqualificazione a donne immigrate che desiderino accudire i propri figli e nel contempo necessitino di svolgere un'attività lavorativa. Una delle prime esperienze italiane ad individuare la possibile doppia valenza strategica dell'istituzione di un servizio di assistenza domiciliare all'infanzia che reclutasse primariamente donne straniere è stata quella proposta dall'Ente Donneuropee Federcasalinghe del Veneto nel 1999, finanziata con un'Iniziativa Comunitaria Now, con l'obiettivo esplicito di incrementare l'offerta di servizi per la prima infanzia offrendo nel contempo un percorso di occupazione o reinserimento nel mondo del lavoro a donne disoccupate (straniere e non) attraverso la professionalizzazione del lavoro di cura del bambino in età prescolare.

Sarebbe interessante che tali esperienze da progetti diventassero veri e propri servizi, si traducessero cioè in un inquadramento stabile e strutturato all'interno della rete dell'offerta pubblica, garantendo un servizio di grande rilevanza sociale e, al tempo stesso, offrendo un'opportunità significativa di riqualificazione alle donne che, a causa dell'importante ruolo che rivestono nella riproduzione familiare, rischiano l'espulsione dal mercato del lavoro.


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