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Synergia Magazine

Spazi e tempi nella città contemporanea

di Cecilia Pennati

Mutamento Sociale n.15 - Maggio 2007

L’analisi temporale ha visto negli ultimi decenni un rapido sviluppo sia dal punto di vista teorico che da quello delle pratiche di ricerca e si può senza dubbio affermare che essa ha trovato nella città il suo oggetto di studio privilegiato. A partire dagli anni Ottanta, infatti, la ricerca applicata allo studio dei tempi ha visto una diffusione, una standardizzazione ed una sistematizzazione metodologica delle indagini sull’argomento e, nel caso italiano, si è assistito sia ad un incremento del numero delle ricerche, sia ad una loro applicazione non solo per lo studio dei tempi sociali ma anche per quello delle politiche temporali (Colleoni, 1999).

Si propongono qui alcuni spunti di riflessione - derivati da alcuni dei principali studi di matrice sociologica - rispetto alla complessa relazione che esiste tra città e tempo o, più in generale, fra tempo e spazio intesi come categorie costitutive della realtà. Queste due categorie non sono legate solamente per via pragmatica perché l’agire è sempre ancorato ad un sistema di coordinate spazio-temporali (ogni cosa che facciamo è caratterizzata sempre da un “qui” ed un’“ora”), ma perché sia il tempo che lo spazio, intesi come costruzioni sociali, sono vincoli normativi all’agire sociale e alle interazioni fra individui . È inoltre nella “relazione necessaria che lega gli esseri umani a un ambiente antropizzato che si manifesta la prima architettura temporale che caratterizza la città: l’insieme delle temporalità proprie del versante fisico e quelle proprie del versante sociale si legano in una reazione che permette alle forme fisiche e sociali di abitare l’una nell’altra, di essere l’una l’ambiente dell’altra” (Bonfiglioli, 1997).

Tempo e spazio pur essendo categorie costitutive dell’esperienza umana e condizioni strutturali dell’affermazione della società, si realizzano attraverso modalità  differenti e per certi versi contrarie, legate maggiormente all’immaterialità, alla forma relazionale, alla dinamicità e all’irreversibilità la prima, e invece più connesse alla concretezza, alla collocazione delle cose, alla staticità e alla percorribilità la seconda. La prospettiva spazio-temporalista si incentra sulla connessione e sulle possibilità di sconnessione tra queste due categorie.

La sociologia temporalista si fonda sul principio che il tempo è sempre un tempo sociale , ossia “regolato socialmente, sottoposto […] a una serie di  prescrizioni, di norme, che stabiliscono quando,  con che cadenza, in quale ordine e con quale durata devono essere svolte le varie attività” (Cavalli, 1985). Inserendosi in questa prospettiva è però importante notare che particolari concezioni del tempo si traducono in specifiche forme di organizzazione sociale e, viceversa, che un particolare sistema produttivo ed economico provoca forme di adattamento nei comportamenti temporali, contribuendo, attraverso questi, alla creazione di valori e di gerarchie tra di essi (Belloni, 2000).

Il tempo dunque in quanto “dimensione costitutiva di processi, azioni, comportamenti, decisioni, interazioni, nonché principio normativo e di regolazione sociale” (Belloni, 2000), interviene, molto più di quanto si pensi, nell’organizzazione e nelle trasformazioni degli spazi, in particolare di quelli urbani. Da un lato l’utilizzo degli spazi urbani è mediato ed influenzato dal tempo sociale e dalle successioni temporali a cui i diversi abitanti della città sono sottoposti: si pensi semplicemente alle diverse popolazioni che si possono incontrare nello stesso luogo della città (che sia esso un centro storico, un parco, un centro commerciale…) a seconda dell’orario. Dall’altro lato, scelte di tipo fisico-spaziale sulla disposizione ad esempio di settori produttivi, attività culturali, zone residenziali, sistema di trasporti all’interno della città incidono in maniera decisiva sulle disponibilità temporali degli abitanti stessi: un semplice esempio può essere individuato negli spostamenti casa-lavoro che possono essere più o meno rapidi a seconda della distanza esistente tra i due luoghi (si pensi al pendolarismo, ma non solo), ma anche dalla scelta del mezzo di trasporto (auto, bicicletta, treno, mezzi pubblici…), dagli orari e dai percorsi di eventuali mezzi pubblici utilizzati oltre che, ovviamente, dalle necessità individuali che possono portare ad effettuare soste e deviazioni. Le biografie individuali, infatti, combinandosi con i vincoli spaziali danno luogo a vincoli temporali e a diversi utilizzi dello spazio: nel tragitto casa lavoro gli individui possono seguire traiettorie diverse in base alle diverse caratteristiche delle biografie individuali (la sfera dei doveri, gli oneri di cura, i consumi…), possono cioè attuare percorsi diretti oppure a “zig-zag” (accompagnare i figli a scuola, passare in banca o in posta…). Nel passaggio dalla città industriale a quella post-industriale sembra che il modello di mobilità primaria casa-lavoro abbia lasciato il posto ad una mobilità zigzagante vicina alla multipolarità delle relazioni spaziali della vita quotidiana dei cittadini (Zajczyk 2000, Bonfiglioli 1997).

Ordinare in modo razionale i ritmi temporali della quotidianità è un processo che implica dunque la dimensione spaziale e, va da sé, che tale 'costruzione' divenga più complessa laddove distanze ed orari - siano essi relativi a impegni familiari, lavorativi o personali - convivano rigidamente in una stessa biografia individuale. Ma non solo. Strutturare il proprio tempo quotidiano è un processo che richiede una continua mediazione e ridefinizione attraverso la molteplicità dei tempi sociali: il tempo costruito socialmente è infatti un insieme di entità differenziate, o meglio, “un alternarsi e un coesistere di diversi modi di essere del tempo o ancora, di tempi che si differenziano per le regole da cui sono governati e che a loro volta possono stabilire, nonchè per il senso che viene loro attribuito, per la collocazione che essi assumono all’interno dell’esperienza temporale complessiva o per le modalità spaziali della loro realizzazione” (Belloni, 2000). Le biografie individuali sono  dunque caratterizzate da sequenze temporali frutto di una continua mediazione fra “tempi forti” (quelli dominanti, difficilmente ridefinibili dal singolo individuo e caratterizzati proprio dalla natura vincolate) e “tempi flessibili ” (Tempia, 1996).

I tempi sono, inoltre, definiti dalle scelte di governo urbano : la distribuzione dello spazio dei tempi sociali ('spacing times') e l'assegnazione a diversi tempi di certi spazi ('timing spaces') (Tabboni 1985) sono circostanze a cui l'individuo deve necessariamente adeguarsi.
L'organizzazione della vita quotidiana, individuale e familiare, pertanto, è soggetta ad una tipologia ambivalente dei time budgets: da una parte i tempi 'contingentati' dal sistema e dalle strutture sociali e, dall'altra parte, i tempi 'polifunzionali' che sono dedicati a tutte quelle attività 'allocabili' con criteri più flessibili che comprendono gli spazi temporali della specifica condizione familiare, personale e del tempo libero (Mariti, 2004).

Come si è visto dunque la relazione tra tempo e spazio non ha ripercussioni esclusivamente sul concetto di mobilità (nel senso più ampio del termine), ma anche sulle biografie individuali, sul tempo per sé e sulle relazioni di potere che si instaurano fra gli individui.
Come è stato evidenziato dalle studiose che adottano una prospettiva di genere ai fini dell’analisi temporale, infatti, avere disponibilità di tempo o non averla diventano delle discriminanti nell’accesso a diverse sfere della vita sociale (mondo del lavoro, arena pubblica, politica…) e ai diversi tempi (tempo per sé, tempo libero, tempo di cura, tempo del lavoro…): poter accedere ad alcune sequenze temporali anziché ad altre genera squilibri socio-economici e barriere all’ingresso ad alcune sfere della vita (come quella produttiva) ponendo così le donne in una situazione svantaggiata (Zajczyk, 2000).
In questa prospettiva i tempi (e soprattutto la relazione fra tempi e spazio urbano) parlano di genere, quindi, e soprattutto della differenziazione di genere nell’accesso “al giorno e alla notte, al tempo libero, al tempo di lavoro pagato e non pagato, alla cura di sé, al tempo per pensarsi e a quello per trascendere la propria esperienza” (Belloni, Bimbi, 1997). Il genere è la discriminante per accedere o meno ai diversi tempi sociali , e soprattutto per averne a disposizione (o doverne sopportare) alcuni. L’accesso a diversi tempi, come si è visto, oltre ad incidere sulle scelte individuali (avendo così ricadute anche sulle biografie individuali), incide anche sull’accesso a diversi spazi e dunque alla possibilità o meno di usufruire di servizi, luoghi, attività.

Se, come si è visto, le scelte politiche, soprattutto a livello locale, impattano in modo rilevante sulla strutturazione dei tempi sociali e dunque sui vincoli normativi all’azione sociale ed individuale, è necessario porre una particolare attenzione a questa dimensione nelle politiche di governo urbano. Le scelte politiche di governo urbano (dal sistema di mobilità, agli orari di apertura dei servizi, alla quantità dei servizi stessi…) si ripercuotono, quindi, sulle biografie individuali imponendo vincoli alle disponibilità temporali degli abitanti, incidendo dunque non solo sulla disponibilità di tempo a livello micro, ma più in generale sull’organizzazione complessiva del “sistema città” e sulle relazioni che si instaurano tra i diversi abitanti. Per questo motivo quando si parla di politiche temporali bisogna sempre porsi in una prospettiva integrata e multisettoriale, che non guardi, dunque, esclusivamente ad un singolo aspetto della complessa organizzazione urbana (politiche di conciliazione, di mobilità, per l’infanzia, di miglioramento organizzativo dei servizi…), ma che sia in grado di creare un disegno generale di organizzazione sociale più ampio, attraverso strumenti di piano che definiscano linee di indirizzo generali (come appunto il piano dei tempi e degli orari ) e politiche integrate che ne attuino i principi guida, ponendo una particolare attenzione agli effetti che scelte di questo tipo possono avere sull’organizzazione sociale nel suo complesso.


Bibliografia

- Belloni M.C, Davico L., Mela A. (2000), Sociologia e progettazione del territorio, Carocci, Roma.
- Belloni M.C., Bimbi F. (a cura di) (1997), Microfisica della cittadinanza. Città, genere, politiche dei tempi, Franco Angeli, Milano.
- Bonfiglioli S. (1997), “Che cos’è un cronotopo”, in Bonfiglioli S, Mareggi M. (a cura di), Il tempo e la città fra natura e storia. Atlante di progetti sui tempi della città, Urbanistica Quaderni, INU, Roma.
- Cavalli, A. (a cura di) (1985), Il tempo dei giovani, Il Mulino, Bologna.
- Colleoni M. (1999), La ricerca sociale come processo di conoscenza dei tempi sociali, in Atti del Seminario  L’analisi del tempo. Seminario sulle politiche temporali, Milano, IReR.
- Crespi F. (a cura di) (2005), Tempo vola. L’esperienza del tempo nella società contemporanea, Il Mulino, Bologna.
- Mariti C. (2004), Tempo, spazio e organizzazione sociale della famiglia, in De Nardis P. (a cura di) Il pendolarismo ferroviario nella città di Roma, Università La Sapienza di Roma - Ferrovie dello Stato.
- Tabboni S. (1985), Il tempo e lo spazio nella teoria sociologica, in 'Rassegna Italiana di Sociologia' XXVI, n. 4.
- Tempia A. (1996), Il rapporto tra tempi vincolati e tempi non vincolati dalla prospettiva degli studi sui tempi delle città, in V. Borghi, M. La Rosa (a cura di) Tempo di lavoro, tempo di vita, Franco Angeli, Milano.
- Zajczyk F. (2000), Tempi di vita e orari della città, Franco Angeli, Milano.

 

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