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Politico influencer o influencer politico?

di Emma Arillotta, Davide Madonini, Magdalena Nechita e Lara Nichetti. Dalla rubrica "Lavori di ricerca empirica degli studenti dell'Università di Pavia"
Negli anni, i social media hanno acquisito sempre più rilevanza, giocando un ruolo fondamentale nella vita quotidiana. L’influenza sull’opinione pubblica di questi mezzi è cresciuta esponenzialmente, modificando le modalità d’interazione tra le persone e il modo di fare comunicazione. 
Oggi, molti negozi, organizzazioni ed enti possiedono il proprio account social per promuovere i loro fini e coinvolgere una fetta sempre maggiore di persone; per farlo, tutte le azioni fatte attraverso il web vengono profilate e utilizzate per scopi commerciali e non. In questo modo, è nato un nuovo metodo di fare marketing, basato sulle preferenze e gusti di ogni singolo consumatore. 
Con il diffondersi di questi strumenti, anche la comunicazione politica ha intrapreso questa strada, coniando il termine political marketing, cioè una vera e propria strategia attraverso cui fare propaganda politica: vengono raccolte le informazioni degli utenti e proposti contenuti “su misura” per influenzarli.
Attraverso uno studio, fatto durante il corso di Statistica Sociale presso l’Università degli Studi di Pavia, si è cercato di misurare l’impatto e le conseguenze del marketing politico. Per raccogliere i dati è stato creato un questionario attraverso Google Form, che è stato inviato tramite Whatsapp, Facebook e Instagram. Le risposte ottenute sono state in totale 402, di cui il 64,4% donne e il 34,1% uomini.
La ricerca si prefigge di comprendere, anzitutto, se esiste una differenza tra diverse fasce d’età e l’utilizzo dei social per ottenere informazioni politiche; successivamente si è voluto analizzare la consapevolezza delle persone e la giustizia attribuita da esse al political marketing; infine, si indaga se esistono dei fattori che permettono di prevedere l’impatto e il livello di influenza di questo tipo di comunicazione.
 
Partendo dall’età della persone intervistate, sono stati creati due gruppi: coloro con un’età inferiore di trent’anni e coloro con un’età superiore. I risultati dell’indagine evidenziano che i più giovani tendono a seguire maggiormente l’argomento “politica” attraverso i social e ritengono che sia giusto utilizzarli per parlare di questo tema. Inaspettatamente rispetto a quanto inizialmente ipotizzato, si è notato che il primo gruppo (0-30) tende ad esporsi e condividere le proprie idee politiche con una minore frequenza rispetto al secondo (30+). Tuttavia, questo risultato viene messo in discussione ed è possibile affermare che non ha rilevanza statistica poiché dipende dal campione trattato, infatti, il 77,6% degli intervistati rientra nella prima classe, mentre il resto nella seconda.
 
Per quanto riguarda il secondo punto, si evidenzia che tra coloro che seguono assiduamente la politica sui social, il 70,97% ritiene che sia appropriato sviluppare il tema attraverso degli account sul web, il restante 20,03% si dichiara contrario. Oltre a questo si è voluto testare se esiste una relazione tra l’ideologia politica di appartenenza e ritenere adeguato trattare contenuti partitici sui social, tuttavia non c’è nessuna evidenza di qualche legame tra le due variabili. 
Dall’indagine si sottolinea che, in generale, tutti gli intervistati sono a conoscenza delle figure  politiche più attive attraverso i loro profili social. Infatti, i volti più conosciuti sono Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Matteo Renzi, cioè le figure istituzionali che investono maggiormente nel political marketing. Avendo come riferimento chi segue la politica sui social e chi non, il risultato precedentemente ottenuto è simile in entrambe le classi.
 
Spostando l’attenzione sulla conoscenza della profilazione e targettizzazione dei dati resi disponibili attraverso le interazioni fatte sul web, si conclude che le persone con un’età superiore ai trent’anni sono maggiormente consapevoli di essere targettizzati dal punto di vista politico
Rispetto alla frequenza con cui si segue la politica sui social e l’affluenza di contenuti politici ricevuti, è possibile affermare che all’aumentare della frequenza con cui si segue questo argomento, di conseguenza aumentano anche i contenuti politici proposti.
Infine, gli intervistati sono stati divisi in due gruppi: coloro che sono a conoscenza di essere politicamente targettizzati e quelli che non ne sono consapevoli. Al contrario di ciò che ci si aspettava, il primo gruppo è maggiormente influenzato rispetto al secondo.
 
Per concludere, sono stati paragonati i dati ottenuti dalla ricerca con dei risultati, reperiti dal web, di studi simili fatti su un campione americano. È stata scelta questa comparazione dato il caso emblematico del political marketing negli Stati Uniti, avvenuto durante le scorse presidenziali. 
Confrontando i dati ottenuti attraverso le due diverse fonti possiamo affermare che il 29% degli Italiani è a favore della condivisione politica sui Social Network, a differenza degli americani dove la percentuale scende al 15% che è all’incirca la metà del dato italiano.
 
Successivamente la ricerca è proseguita andando a paragonare due politici che possiedono un’impronta “Social” molto marcata ovvero Matteo Salvini e Donald Trump.  Il leader leghista per promuoversi spende su Facebook 253.466 euro, mentre la spesa di Trump si attesta sulla cifra di 137 milioni di dollari. Rapportando l’esborso economico al numero degli abitanti dei rispettivi stati e attribuendo una simile parità del potere d’acquisto all’euro e al dollaro, è immediato constatare che la spesa pro capite negli Stati Uniti è di gran lunga superiore a quella italiana, rispettivamente di 0,41 dollari contro 0,004 euro per abitante.
Il risultato dimostra che negli USA i social network sono un mezzo molto importante per la propaganda politica e ad essi viene attribuita una maggiore rilevanza rispetto a quella riconosciuta in Italia.

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