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Synergia Magazine

La SVaMDi: una porta per l’ICF come linguaggio comune quotidiano

di Emilio Gregori e Giovanni Viganò

[Mutamento Sociale n.35 - Maggio 2012]


Nel complesso panorama dell’integrazione socio-sanitaria si assiste negli ultimi anni a una forte accelerazione da parte delle regioni italiane alla formalizzazione di modelli di valutazione integrata socio-sanitaria dei bisogni delle persone con fragilità, secondo un orientamento che sta progressivamente abbandonando la settorialità delle valutazioni verso un approccio più complessivo di pratica quotidiana di valutazione multidimensionale. Il passaggio dalla vecchia Unità di Valutazione Geriatrica a una più articolata Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) generalmente a livello distrettuale, risponde all’esigenza di una riorganizzazione del sistema di valutazione e presa in carico fondato sulla centralità della persona non autosufficiente. Varie e diversificate sono le funzioni attribuite alle UVM, che possono comprendere:

  • •    la valutazione multiprofessionale e multidimensionale che consente di identificare i bisogni, gli interventi e le risposte più appropriate, nel rispetto del principio di equità di accesso ai servizi e alle prestazioni offerte dal territorio, in modo che possano essere attivate, a breve, medio e lungo termine, le risorse, in termini di personale e di servizi;
  • •    l’approvazione di programmi di massima o di progetti di vita delle persone non autosufficienti;
  • la certificazione delle situazioni di non autosufficienza nei casi previsti da normative regionali;
  • •    l’individuazione dell’operatore referente del progetto per la persona, per la sua famiglia e per gli altri soggetti coinvolti, al fine di facilitare il passaggio delle informazioni;
  • •    l’individuazione delle risposte ai bisogni mediante la definizione dell’accesso al sistema integrato dei servizi che richiedono un coordinamento interistituzionale ed una integrazione delle risorse;
  • •    il monitoraggio e verifica dei risultati dei singoli progetti approvati, nonché la rivalutazione per gli utenti che ne hanno necessità.

Il riassetto organizzativo della valutazione dei bisogni tramite le UVM si sta accompagnando imprescindibilmente all’adozione di strumenti che consentono modalità uniformi di valutazione su tutto il territorio regionale. Tra gli strumenti in uso da parte delle regioni italiane, si ha la prevalenza di due strumenti introdotti ormai da tempo e diffusi dalla Regione Veneto, ovvero la Scheda di valutazione multidimensionale dell’anziano (SVaMA) e la Scheda di valutazione multidimensionale del disabile (SVaMDi), entrambi ispirati all’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health, adottata dall’OMS nel 2001).

Varie regioni Italiane hanno previsto l’introduzione della SVaMA e si apprestano a intraprendere anche l’adozione della SVaMDi.
La Scheda di Valutazione Multidimensionale del Disabile (SVaMDi) è costruita sulla struttura e sull’organizzazione concettuale dell’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute), dove le abilità e le disabilità di una persona sono concepite come l’interazione dinamica tra le condizioni di salute e i fattori ambientali, interazione vista in termini di processo o di risultato.

Come tutti gli strumenti di valutazione multidimensionale regionale, finalizzati cioè prevalentemente a un miglioramento dell’accesso al sistema dei servizi e non prioritariamente al case management quotidiano (attraverso SVaMDi viene di fatto quantificato il carico assistenziale, infermieristico/sanitario e riabilitativo che graverà sul sistema), essa non prevede ovviamente l’abbandono dei sistemi di lavoro e di valutazione propri di ciascuna professione, ma chiede a ciascun professionista coinvolto nelle UVM (generalmente medico di medicina generale o medico specialista fisiatra o psichiatra o neuropsichiatra, psicologo, educatore professionale, assistente sociale) di sintetizzare nella scheda le informazioni in suo possesso, ciascuno per una sezione specifica della scheda, riguardanti le informazioni sullo stato di salute, le menomazioni delle strutture corporee, le difficoltà di azione ed interazione della persona, i fattori ambientali, le informazioni sul contesto sociale della persona.

Il lavoro congiunto dell’UVM trova la sua sintesi nella compilazione della cosiddetta “Copertina” che riporta la codifica diagnostica delle attuali principali condizioni di salute della persona con disabilità, la definizione del giudizio complessivo per singolo item, la sintesi dei bisogni rilevati, il verbale dell’UVM con valutazione complessiva in ordine all’autosufficienza, la codifica del progetto individuale, il referente del progetto e il termine temporale indicato per la verifica del progetto individuale. Ecco perché generalmente l’UVM può decidere il coinvolgimento di altre figure professionali per effettuare ulteriori indagini, esami, approfondimenti, qualora li reputasse necessari per una migliore definizione del progetto individuale, che è il fine ultimo della stessa valutazione multidimensionale (l’assunto di partenza ormai ampiamente condiviso è che una maggiore ricchezza informativa e valutativa sugli elementi che caratterizzano il funzionamento dell'individuo e dell'ambiente, ma soprattutto sulla loro interazione, possa permettere una migliore gestione delle risorse disponibili ed in generale un miglioramento atteso della qualità dell’assistenza.

Mentre tuttavia l’introduzione di uno strumento come SVaMA è tutto sommato facilitata, a prescindere dal riassetto organizzativo delle UVM, tutt’altro che scontato, generalmente da un’esperienza pregressa, quantomeno di unità valutative geriatriche comune a molte regioni, l’adozione della SVaMDi è un processo che andrebbe realizzato step by step in modo condiviso con una serie di attori territoriali.

L’adozione della SVaMDi può creare forti aspettative presso gli stakeholder del territorio, in termini di fabbisogni formativi da colmare, di impatto organizzativo intra ed inter settoriale, di supporti (anche informatici) all’utilizzo dello strumento, in quanto spesso comporta per la prima volta l’introduzione dell’ICF a livello Regionale. Si avvertono infatti generalmente alcune esigenze di fondo degli stakeholder tra cui la necessità di una migliore continuità assistenziale delle persone con disabilità lungo tutto il ciclo di vita, a partire dalla prima infanzia, e, di riflesso, la necessità di una migliore tracciabilità del quadro evolutivo e assistenziale della persona con disabilità, lungo tutti i passaggi fondamentali del ciclo di vita, elementi che contribuiscono a una migliore definizione della presa in carico e del case management e quindi, al superamento della percezione da parte delle famiglie di isolamento e di inadeguatezza dei supporti alla famiglia. Elementi tuttavia che presuppongono la diffusione di un linguaggio condiviso, di criteri definitori e di classificazione comuni, condizioni funzionali della persona omogenei e standardizzati, oltreché validi. La diffusione della cultura dell’ICF costituisce dunque un elemento chiave e un’enorme opportunità per una migliore qualità della cura e l’introduzione della SVaMDi rappresenta di riflesso l’opportunità per formalizzare la pratica di uniformare gli interventi di cura a tale linguaggio comune.

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