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La povertà estrema in Italia

di Giovanni Scerra, Fabjola Peza, Salvatore Filiberto Di Falco, Giordano Bianchi, Davide Di Leonforte, Tommaso Liut. Dalla rubrica "Lavori di ricerca empirica degli studenti dell'Università di Pavia per il corso di Statistica Sociale
In Italia, da ormai 15 anni, la povertà assoluta è stata protagonista di un trend in continua crescita, fonti ISTAT risalenti al 2005 mostrano come sia stata alta già in passato (4%) ma che, nonostante le continue promesse volte ad arginare questa problematica, la curva non sia affatto scesa, anzi, abbia continuato nella sua lunga risalita, trovandosi ad un livello pari al 6% della popolazione nel 2019.
La pandemia da Covid-19 non ha ovviamente portato una ventata di aria positiva ad una situazione già di per sé drammatica, si è infatti riscontrato come il 2020 abbia dato un’importante accelerata alla curva, nonostante fosse scesa l’anno prima, arriviamo quindi al famoso 7,5%.
Ci è stata data la possibilità di affrontare questa tematica, piuttosto dura nella società dove viviamo, durante il corso di Statistica Sociale presso l’Università degli Studi di Pavia. Abbiamo creato un team, chiamato Viisaus, dove essenzialmente abbiamo cercato di fornire delle risposte a quesiti piuttosto toccanti, fissando e raggiungendo quattro macro-obiettivi.  
  1. PERCEZIONE
  2. CAUSE
  3. STRUMENTI
  4. PNRR E GOVERNO
Uno dei primissimi lavori è stato quello di realizzare un questionario che racchiudesse delle domande specifiche inerenti ai quattro obiettivi sopracitati, inviandolo successivamente ad amici e parenti attraverso i principali mezzi di comunicazione di massa quali Instagram, WhatsApp e Facebook. Raggiungendo un totale di 178 persone, di cui il 62,4% donne e 37,1% uomini provenienti per il 68,5% dal Nord, 24,7% dal Sud e il 6,8% dal Centro Italia.
Per quanto riguarda l’età abbiamo considerato due gruppi: coloro con un’età inferiore di trent’anni e quelli con un’età superiore ai quarantacinque (estremi compresi). Non abbiamo tenuto conto della fascia d’età 31-44 in quanto i dati raccolti non erano sufficienti per poter dare una chiara risposta alle nostre ipotesi.
Abbiamo, inoltre prestato attenzione anche alla condizione professionale dei nostri campioni, suddividendoli in categorie ben definite come: Studente, Occupato, Disoccupato, Inattivo e Pensionato. Infine, attraverso una domanda specifica sul questionario, abbiamo cercato di capire quale fossero i principali mezzi di comunicazioni utilizzati.
 
Con l’obiettivo della PERCEZIONE il nostro scopo era cercare di capire quale fosse l’idea delle persone su questo argomento e quanto effettivamente ne siano informate. Innanzitutto, abbiamo cercato di capire quanti conoscono effettivamente il significato di povertà estrema e dai risultati si evince come la maggior parte del nostro campione ne sia effettivamente informata, infatti l’80,9% sa effettivamente cosa sia la povertà estrema mentre il restante 19,1% lo confonde con la povertà relativa o le attribuisce altri significati come “il non avere fissa dimora”. 
Successivamente ci siamo concentrati sul quanto le persone ritengono grave questo problema facendo una distinzione tra situazione pre-Covid e post-Covid. Per fare ciò abbiamo chiesto alle persone tramite il questionario di votare quanto ritenessero grave tale problema potendo scegliere da una scala da 1 a 5 (1=per nulla grave e 5=molto grave),  dai risultati si evince come prima della pandemia le persone ritenevano il problema abbastanza  grave, infatti, la maggior parte dei voti si sono concentrati nei punti più alti della scala: in particolare i primi due valori hanno ricevuto un totale complessivo di 18,5% dei voti mentre il solo punto 3 il 37,6% dei voti ed il punto 4 e 5 rispettivamente il 27,5% e il 16,3%. Invece, la situazione è completamente cambiata per quanto riguarda la situazione post-Covid dove i soli punti 4 e 5 hanno totalizzato rispettivamente il 38,2% e il 47,2% dei voti confermando come la pandemia ha effettivamente aggravato di molto tale problema. 
Un altro punto su cui ci siamo focalizzati è quello di capire dove le persone ritengono che ci sia la maggior incidenza dei poveri in Italia ed in particolare il 79.2% del campione ritiene che la maggior incidenza di poveri sia al sud Italia, mentre il 12% al centro ed il 14% al nord.
Infine, abbiamo concentrato la nostra analisi sul capire quanto le persone siano consapevoli della reale percentuale di poveri in Italia in particolare il 60,1% del campione conosce la reale percentuale mentre il restante 39,9% del campione tende a sottovalutare o sopravvalutare il problema, nello specifico il 19,7% tende a sottovalutarlo mentre il 20,2% lo sopravvaluta. 
 
L’obbiettivo delle CAUSE è riferito a quelle questioni annose che stanno originariamente alla base del fenomeno della povertà assoluta. Per questo motivo è stati tralasciati tanti fenomeni puramente economici quali la crisi, l’inflazione, tasse, pensioni eccetera, nonostante siano temi tipicamente cari al pubblico italiano. Al contrario, essendo la povertà assoluta una piaga che trascende l’aspetto economico, le cause proposte sono si concentrano sul lato sociale, quasi umano, del problema. L’intervistato è stato sottoposto a due round, dovendo indicare in rapida successione sia le cause primarie che quelle secondarie. Queste sono:
  1. Assenza delle istituzioni. Bisogna accusare la debolezza dell’individuo o dello Stato?
  2. Bassa qualità dell’istruzione. Possiamo permetterci questi famosi “tagli”?
  3. Difficoltà nel trovare lavoro. Il mercato del lavoro è abbastanza vivace?
  4. Povertà della famiglia di appartenenza. L’ascensore sociale si è davvero bloccato?
  5. Malattia o sfortuna. Il pensiero va ai problemi mentali, soprattutto in questo periodo in cui si sta cercando di verificare se le prolungate quarantene possano aver avuto strascichi psicologici.
  6. Tossicodipendenza. Opzione mirata soprattutto agli over45, le droghe sono sinonimo di rovina socioeconomica? Viene in mente la questione delle droghe leggere, ma con un campione così limitato ed un tema di partenza così diverso non si è potuta approfondire la questione.
  7. Risposta aperta, ma solo nel secondo round. Le risposte più gettonate sono state: crisi economica, mancanza di voglia “in qualunque mansione”, mentalità. 
Sfortunatamente, il questionario è stato preparato a fine inverno e non è stato dunque possibile menzionare il dibattito che si sarebbe scatenato qualche settimana dopo riguardo ai salari nelle professioni stagionali part-time degli stage non retribuiti. 
Sia under30 che over45 danno additano soprattutto la difficoltà nel trovare lavoro (39% e 48%), la bassa qualità dell’istruzione (24% e 20%), e la povertà della famiglia di appartenenza (17% e 14%). Grande importanza data dai più giovani anche all’assenza delle istituzioni (17%), mentre i più agée si distinguono per il maggior peso al duo tossicodipendenza-malattia/sfortuna (9%). 
Come prevedibile, le cause secondari dimostrano pattern meno evidenti, ma assenza delle istituzioni, bassa qualità dell’istruzione e difficoltà nel trovare lavoro occupano ancora le prime posizioni. Tra le risposte aperte, può essere sorprendente trovare (anche) un under30 indicare mancanza di volontà. 
 
A differenza delle cause, gli STRUMENTI strizzano maggiormente l’occhio a temi d’attualità e si ispirano fortemente a provvedimenti presi o discussi in altri Paesi. Non volendo proporre un'altra domanda aperta, questo metodo si è dimostrato necessario al fine di avere un pool limitato ma comunque “intelligente” di opzioni. Le domande sono state nuovamente presentate in due tranche: 
  1. Nessun intervento, il mercato risolverà il problema. Domanda difficile da porre poiché nessuno ammetterebbe mai pubblicamente di ritenere uno strumento del genere appropriato. Tuttavia, l’anonimità del questionario potrebbe aver risolto il problema. Scarsamente conosciuto in Europa, il non-interventismo è una posizione presente negli Stati Uniti. D’altronde Churchill diceva che “per una Nazione, usare le tasse per prosperare equivale ad un uomo che vuole alzare un secchio standoci dentro”.
  2. Carità e beneficienza. Anche questo strumento fa riferimento al mondo anglosassone, in cui spesso si dice “charity begins next door”: bisogna prima aiutare le persone della propria stretta comunità. Ciononostante, la risposta era mirata anche ad un pubblico nostrano di fede cattolica.
  3. Crediti d’imposta per figli a carico. Proprio in questi giorni il Partito Democratico americano sta spingendo per rinnovare il “expanded child tax credit” scaduto a dicembre, un provvedimento che (almeno originariamente) si avvicinava molto ad un trasferimento mensile universale per famiglie con figli. 
  4. Mettere a disposizione appartamenti sfitti. Si veda il referendum tedesco di quest’anno.
  5. Reddito di cittadinanza nella forma attuale.
  6. Reddito di cittadinanza modificato. Si pensi ad esempio alla soluzione francese.
  7. Salario minimo. Tema tornato alla ribalta dopo gli studi fatti da David Card, studi che gli sono valsi il Premio Nobel per l’Economia a fine 2021.
  8. Tassare maggiormente i ricchi. Finita la corsa del treno neoliberista -- partito con Friedman, Reagan e Thatcher – è diventato evidente come la forbice tra i ricchi e tutti gli altri si stesse espandendo senza controllo. Il tema è stato apertamente discusso in molti Paesi occidentali in merito ad una possibile patrimoniale con cui finanziare l’emergenza pandemica. Infine, come dimenticarsi Alexandra Ocasio Cortez sfilare con il motto “tax the rich” dipinto sull’abito? 
In generale, lo strumento più gettonato è stato il salario minimo (32%), seguito dal reddito di cittadinanza modificato (28.7%) e da una maggiore imposizione fiscale sui redditi alti (19.1%). Questa volta il campione è stato suddiviso a seconda della provenienza del rispondente e della fascia di reddito di appartenenza da esso dichiarata. Nel primo caso, pare esserci indipendenza nel campione tra lo strumento scelto e la residenza – Nord e Mezzogiorno – dell’intervistato. Nel secondo caso è stata trovata una relazione con un certo grado di significatività, in quanto la V di Cramer risultante è pari allo 0.39% circa. 
Per concludere, sia per le cause che per gli strumenti sono state proposte risposte semplici per temi complessi, che richiederebbero indagini ben più approfondite rispetto a qualche domanda a risposta chiusa. D’altra parte, lasciare troppa libertà all’intervistato si sarebbe potuto rivelare controproducente. Dal suo punto di vista, il questionario sarebbe diventato troppo pensante; per noi, invece, filtrare centinaia risposte aperte avrebbe trasformato questo progetto in un incubo. 
 
Infine, una veloce indagine sulla preparazione ed opinione, in senso lato, politica dei rispondenti. In particolare, alle opinioni sul PNRR e sul GOVERNO attuale, i quali sono sempre stati legati a doppio filo. In generale, la preparazione del campione su questo pacchetto di aiuti si è dimostrata medio bassa. Il motivo potrebbe essere le diverse fonti di informazione che gli intervistati prediligono: la maggior parte, si pensi agli under30, ammette di informarsi principalmente sui social, i quali si concentrano molto meno sul PNRR rispetto a TG e giornali (più apprezzati dagli over45). 
Come conferma di quanto già detto, la fiducia dimostrata nell’efficacia del PNRR contro la povertà assoluta e simile a quella associata alla possibilità che il governo attuale possa risolvere il problema. Tuttavia, più la povertà assoluta viene considerata come un problema grave, e meno fiducia nel governo si tende ad avere. 
 

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