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Synergia Magazine

Indicatori di integrazione socioprofessionale dei cittadini immigrati: una tavola rotonda di confronto

di Chiara Lainati
Mutamento Sociale n.6 - 2005

Nell’ambito del progetto di Iniziativa Comunitaria EQUAL – Azione 3 Prisma, Synergia ha promosso una tavola rotonda di confronto con gli esperti che in Italia da tempo si occupano dell’elaborazione di sistemi di monitoraggio del processo di integrazione lavorativa degli immigrati. L’obiettivo del tavolo è stato quello di aggiornarsi e discutere in merito allo stato dell’arte dei lavori e delle relative questioni teoriche e metodologiche sorte nel corso dei progetti e delle indagini svolte negli ultimi anni in Italia.
Come cardine della riflessione è stato portato il documento: “Indicatori di integrazione socio-professionale dei cittadini immigrati. Italia e Lombardia. Rapporto finale‿ elaborato da Synergia nell’ambito della partnership transnazionale e nazionale dell’Iniziativa UE-EQUAL – Progetto IT-G-LOM-013 «Empowerment dei lavoratori stranieri e gestione della diversità». Il rapporto costituisce l’esito di un approfondito lavoro istruttorio e di ricerca che ha consentito di sperimentare e rendere operativo un sistema di indicatori sull’integrazione socio-professionale dei lavoratori immigrati. La ricerca ha toccato tre diversi livelli di analisi territoriale: l’Italia, la Lombardia e le quattro province interessate dal progetto (Milano, Brescia, Lecco e Cremona).
L’obiettivo di questo scritto è quello di fornire una prima mappa utile a tutti quegli operatori e decisori politici che lavorano al processo di integrazione dei cittadini stranieri e che da tempo si devono misurare anche con gli strumenti quantitativi per monitorare il processo e orientare le politiche. Nella costruzione di tali strumenti è fondamentale la definizione del collettivo di stranieri che si sceglie di monitorare, un’operazione di difficile elaborazione tenuto conto che la realtà migratoria è in continuo mutamento. Non solo per le dinamiche di evoluzione dei flussi ma anche per le definizioni date dalle stesse politiche governative e quindi dalle loro fonti amministrative, elementi che concorrono ad accrescere la complessità giuridica e sociale dello statuto di straniero. Le stesse fonti amministrative spesso raccolgono dati non comparabili tra loro e difficili da ancorare a misure e a una definizione di integrazione che possa tenere conto della molteplicità di dimensioni che concorrono a tale processo.
Salvatore Strozza, professore di demografia presso il Dipartimento di Scienze Statistiche della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Napoli Federico II ha fatto un importante lavoro di chiarimento sulla complessità della definizione della popolazione obiettivo (cioè la popolazione immigrata), a partire dalle combinazione di alcune variabili che definiscono la condizione di straniero: cittadinanza, paese di nascita e durata della residenza. Infatti né il criterio del paese di nascita né quello di cittadinanza da soli possono cogliere in modo completo la popolazione immigrata. Nel primo caso infatti si considererebbero tutte le persone nate all’estero e si escluderebbero così i figli degli immigrati, la cosiddetta seconda generazione, nonché si rischierebbe di includere molti cittadini dello stesso paese nati all’estero. Questo rischio per un paese di antica emigrazione come l’Italia è molto elevato. Nel secondo caso invece si considererebbero solo le persone che non sono in possesso della cittadinanza del paese di accoglimento a prescindere dal luogo di nascita e quindi sia i nati all’estero che quelli nati sul territorio nazionale. Allo stesso tempo la quota dei discendenti degli immigrati (seconda e terza generazione) dipenderebbe fortemente dalla legislazione nazionale in materia di cittadinanza: nel caso della prevalenza dello ius soli, che permette l’acquisizione automatica della cittadinanza del paese se nati nello stesso, potrebbe sottostimare la presenza; nel caso dello ius sanguinis, che invece tiene conto del legame di filiazione nell’attribuzione della nazionalità, la presenza sarebbe maggiore. La proposta di adottare la combinazione di più criteri, sebbene più complessa, può porre le basi per un lavoro di comparazione anche a livello internazionale ma soprattutto può prevenire distorsioni importanti nel momento in cui si decide di costruire degli indicatori di misurazione dell’integrazione degli stranieri. Infatti gli immigrati stranieri che all’inizio del processo migratorio costituiscono la quasi totalità della popolazione obiettivo, con il passare del tempo diventano solo il segmento principale e vengono affiancati da quello degli immigrati naturalizzati e da quello della seconda generazione. Sebbene in Italia questo processo sia ancora agli albori rispetto ad altri paesi come il Belgio, la Francia o l’Olanda, dove questa stratificazione esiste e costituisce l’universo della popolazione di origine straniera, è importante prendere in considerazione questi fattori affinché si cominci a ragionare per introdurre nelle rilevazioni le informazioni utili per determinare in modo preciso la dimensione e gli eventi relativi alla popolazione immigrata. Tutto questo a prescindere da quelle che possono essere le tipologie di popolazione immigrata in base alla legittimità o meno dell’immigrazione e della presenza, un ulteriore fattore di complessità.
La complessità che sta intorno alla definizione di straniero e quindi alla sua rilevazione è emersa anche dall’analisi della fonte amministrativa principale del mercato del lavoro italiano: l’indagine nazionale sulle Forze di Lavoro dell’ISTAT. Fino ad ora l’indagine non era in grado di fornire una stima attendibile della forza lavoro straniera. Con l’inizio del 2004 ha preso invece avvio definitivo e ufficiale la nuova “Rilevazione sulle forze di lavoro‿ che tra le innovazioni metodologiche contempla l’adozione di specifici accorgimenti per costruire un campione di famiglie straniere più rappresentativo. Attraverso un intervento conciso e circostanziato il dott. Mario Albisinni, responsabile dell’Unità di Analisi e diffusione dati dell’IFL-ISTAT, ha aggiornato il tavolo su queste tematiche sottolineando però le difficoltà che continuano a persistere in fase di rilevazione della popolazione straniera, connesse all’alto tasso di mobilità abitativa dei nuclei che non sempre le anagrafi sono in grado di tenere aggiornata.

I Centri per l’Impiego costituiscono un’altra fonte fondamentale di dati ma finora sono stati difficili da utilizzare a scopo di ricerca. L’atteggiamento di molte amministrazioni pubbliche italiane  infatti è stato quello di monopolizzare i dati. Allo stesso tempo la forte eterogeneità dei mezzi e dei criteri di rilevazione locale rende spesso i dati inutilizzabili a fini scientifici. Tuttavia in seguito al processo di informatizzazione dei Centri per l’impiego (1995-1996) e al passaggio delle competenze sul lavoro a livello provinciale, è in atto il tentativo di costituire delle reti tra unità locali a livello regionale per costituire un database di informazioni sui movimenti del mercato del lavoro regionale che possa essere fruibile non solo per scopi amministrativi. Il prof. Bruno Anastasia dell’Università di Padova e consulente di Veneto Lavoro, ha portato l’esempio del progetto Giove 2004, un “public use file‿ realizzato dall’osservatorio del mercato regionale del Veneto, in collaborazione con il dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova, che si pone l’obiettivo di mettere a disposizione della comunità scientifica le informazioni sul mercato del lavoro raccolte da tutte le unità locali della regione Veneto. Il progetto costituisce la prima esperienza in Italia nel genere e sta diventando un modello per altre regioni che si stanno dotando di sistemi informativi nell’ambito del mercato del lavoro.

A complemento dello strumento di indicatori proposto che si basa fondamentalmente su una prospettiva sincronica, Francesco Billari, professore di demografia internazionale presso l’Istituto di Metodi Quantitativi dell’Università Commerciale Luigi Bocconi propone di avvalersi di indagini longitudinali. L’indagine longitudinale infatti permette di restituire la dinamicità intrinseca dell’integrazione nella dimensione temporale del progetto migratorio. La popolazione oggetto potrebbe essere proprio la seconda generazione di immigrati, intercettata a partire dagli anni della frequentazione della scuola fino agli anni successivi, sul modello delle ricerche condotte ormai da anni negli Stati Uniti da Portes e Rimbaud. L’unico rischio di questo tipo di indagini su una popolazione a così alta mobilità è che il campione iniziale non possa mai essere mantenuto uguale nel tempo.

Franco Pittau, coordinatore scientifico del Dossier Caritas nonché membro del comitato scientifico che ha curato il rapporto CNEL sugli indici di inserimento degli immigrati in Italia, insiste sull’importanza di confrontare le differenti fonti statistiche dal momento che la singola fonte statistica non può avere valore euristico se non contestualizzata in un quadro teorico ben definito che restituisca il percorso metodologico ai destinatari.

Chiude l’incontro Ugo Melchionda, funzionario dell’Organizzazione Internazionale delle Immigrazioni, che richiama l’attenzione sul fatto che il processo di integrazione dei migranti è fortemente vincolato alla dimensione internazionale degli accordi di cooperazione che intercorrono tra i paesi, che tra le altre cose stabiliscono diritti e doveri del cittadino migrante nel paese di accoglienza e che classificano lo straniero in statuti differenziati (rifugiati, ecc.). Alla luce di queste considerazioni la costruzione degli indicatori deve tenere conto di due aspetti fondamentali:
· l’estensione dell’oggetto di misurazione (popolazione, area territoriale e sottogruppi e sottoaree) e il rapporto che intercorre tra le dimensioni micro e macro;
· la funzione degli indicatori: gli indicatori possono avere sia una funzione descrittiva che valutativa. È importante definire l’obiettivo prioritario: descrizione dei processi o valutazione dell’efficacia delle policy?

Il dibattito finale ha dato spazio a un ulteriore confronto tra i differenti interlocutori e l’incontro si è chiuso con l’intenzione di mantenere attiva la rete di esperti in modo da favorire ulteriori scambi. Synergia in particolare si impegnerà a valorizzare nel futuro questa rete, dal momento che continuerà a lavorare su queste tematiche nell’ambito della seconda fase di Equal 2005-2007 - Koiné Integrazione degli immigrati nella società locale e nell’impresa – il cui obiettivo è di arrivare a perfezionare gli strumenti metodologici e integrare la dimensione più prettamente sociale del lavoratore straniero con una particolare attenzione alla componente familiare e ai servizi territoriale ad essa connessi.
I risultati dei lavori di questa tavola rotonda presto diventeranno un rapporto di lavoro finale che verrà presentato al Ministero del Welfare, uno dei principali interlocutori pubblici in materia e a tutti gli operatori pubblici che sono interessati ad approfondire l’argomento.

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