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2010 European Year for Combating Poverty and Social Exclusion: some remarks

by Gloria Pessina
Mutamento Sociale n.25 - January 2010

The European Year for Combating Poverty and Social Exclusion is both the point of arrival of a debate about poverty developed in the last twenty years in several disciplines and an opportunity to rediscover the topic and redefine the policies for contrasting it nowadays. What is at stake is surely high, but the European Year is not a test-bed, it is rather a wish. For attention, observation, curiosity, responsibility. While trying to give our contribution we wish a happy new Year to you all.

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“Tutti, mi si dirà, conoscono la povertà […], essendo la povertà una delle cose più antiche al mondo ed essendo tuttora non così infrequente da dover pensare che si debba scoprire”.

Così scrive Yona Friedman nel testo “L’architettura di sopravvivenza. Una filosofia della povertà”, pubblicato per la prima volta nel 1978 e poi di nuovo nel 2009, non a caso in due momenti storici in cui il tema della povertà, che sembrava fosse stato ormai superato nel mondo occidentale, si è ripresentato con particolare vigore e con caratteristiche ogni volta differenti. Proprio per questo “la povertà deve essere scoperta concretamente e riscoperta periodicamente, perché essa non si manifesta allo stesso modo nelle varie epoche” (Friedman, 2009). In quest’ottica allora il 2010, Anno Europeo della Lotta alla Povertà e all’Esclusione Sociale, rappresenta, da un lato, il punto di arrivo di un dibattito sviluppatosi sul tema nell’ultimo ventennio in vari ambiti disciplinari e, dall’altro, un’occasione per riscoprire e ridefinire la povertà e le politiche volte a contrastarla oggi, in particolare in seguito alla crisi economica scoppiata nel 2008 ed ancora in corso in Europa (1). La situazione di emergenza creatasi in seguito alla crisi ha spinto infatti i governi nazionali di molti paesi europei - tra cui anche l’Italia - alla definizione di azioni principalmente volte a ridurre la scarsità di reddito (2), ma ha lasciato poco spazio per una vera tematizzazione della povertà, portando a volte ad una semplificazione del fenomeno.

A questo proposito è utile ricordare i principali sviluppi del concetto di povertà avvenuti nell’ultimo ventennio nel mondo occidentale, dal momento in cui, specialmente in ambito economico, i problemi hanno cominciato ad essere affrontati con l’ “attrezzatura intellettuale messa a punto per trattare quelli del Terzo Mondo” (Sachs, 1988). Fondamentale contributo a questo cambiamento di prospettiva è stata l’opera di Amartya K. Sen, economista indiano Premio Nobel nel 1998, che ha definito la povertà come “privazione di capacitazioni (3) fondamentali anziché come pura e semplice scarsità di reddito” (Sen, 1985). Pur non negando dunque il ruolo cruciale svolto dal reddito nella determinazione della povertà, Sen dimostra come quest’ultimo sia strettamente connesso alla libertà che ogni individuo ha di perseguire i propri obiettivi e stabilire il contenuto del proprio agire (Cottino, 2009). L’uscita dalla povertà è basata pertanto sulla possibilità di esercitare diritti fondamentali come quello ad un’alimentazione sufficiente, ad un alloggio adeguato, all’assistenza sanitaria, all’istruzione, ma anche alla partecipazione alla vita politica (Sen 2000).

Questo approccio alla povertà, lungi dall’aver portato ad una risoluzione del problema, ha dato via però ad una serie di ricerche per la ridefinizione sia delle politiche che degli strumenti di misurazione del fenomeno. Il processo di affermazione, anche in sede politica, di questo diverso sguardo sulla povertà, iniziato con l’elaborazione dell’Indice di Sviluppo Umano (HDI) (4) nel 1990, sembra essere ancora in corso, come mostra il recente rapporto della Commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi incaricata nel 2008 dal Presidente francese di ricercare nuovi parametri per definire il benessere di una nazione ed il progresso sociale. La Commissione, che si rivolge in primo luogo a leader politici e policy makers, ritiene che una valutazione efficace del benessere debba combinare una misurazione dei consumi – non della produzione, che riveste sempre meno significato in Europa – e della qualità della vita, composta da dimensioni diverse come la salute, l’educazione, la possibilità di partecipazione politica, i rapporti sociali, la qualità dell’ambiente e la sicurezza personale (Stiglitz, Sen e Fitoussi, 2009).

Il dibattito sviluppatosi nell’ultimo ventennio in ambito economico, che ha portato a definire la povertà come un fenomeno multidimensionale, è stato accompagnato dall’emergere di nuove questioni anche in ambito sociologico, principalmente legate alle conseguenze strutturali del passaggio all’epoca postindustriale ed alla crisi del welfare state (Harvey, 1989). Tra i principali concetti introdotti per descrivere ed interpretare la nuova povertà riveste particolare rilievo quello di “esclusione sociale”, elaborato in ambito francese (Donzelot, 1991) ed inteso come una rottura dell’individuo con la società e con le istituzioni, che consegue la precarizzazione del lavoro ed il “ritiro” dello Stato dall’intervento diretto (Tosi, 2006). Particolarmente fertile sembra la posizione di Robert Castel che pone l’accento sul carattere processuale e multidimensionale della povertà: il sociologo francese infatti propone in alternativa al concetto di “esclusione sociale” quello di “disaffiliazione”, che permetterebbe di descrivere meglio il fenomeno di progressivo allontanamento dalla società lungo l’asse integrazione/ non integrazione attraverso il lavoro e l’asse di inserimento/non inserimento in una rete socio-familiare (Castel, 1995).  In questo modo, da un lato, viene posto l’accento sui processi di grande scala che producono l’esclusione e sulla varietà di situazioni di rischio (la rottura completa dei legami con la società avverrebbe solo in casi estremi), dall’altro si enfatizza il ruolo svolto dalla coesione sociale nel contrasto alla marginalizzazione. A fronte dell’attuale diffusione dell’instabilità reddituale, della crescita dei lavori temporanei, della difficoltà di conciliazione tra caring e working soprattutto per le donne, dell’invecchiamento della popolazione (Ranci, 2007) e della ricomparsa – in nuove forme – del fenomeno della povertà abitativa (Tosi, 2006), l’articolazione e la differenziazione dell’intervento di contrasto ai diversi casi di povertà sembrano dunque necessarie.

L’iniziativa dell’Anno Europeo della Lotta alla Povertà e all’Esclusione Sociale, non solo dunque si pone in continuità con altre iniziative comunitarie come la Strategia di Lisbona (2000), ma recepisce e riformula anche i temi del recente dibattito sulla povertà in ambito economico e sociologico. In estrema sintesi i temi su cui l’iniziativa europea propone di lavorare sono:

-    il riconoscimento dei diritti attraverso la parità di accesso a risorse e servizi adeguati;
-    la responsabilità condivisa attraverso la partecipazione di attori privati, a fianco di quelli pubblici, all'attuazione di interventi di contrasto alla povertà;
-   la coesione attraverso la sensibilizzazione della collettività rispetto ai vantaggi derivanti dalla riduzione delle situazioni di povertà ed esclusione sociale;
-    la produzione di azioni concrete in seguito alla definizione di strategie multidimensionali tese a prevenire e a ridurre la povertà.

Anche se il linguaggio usato per la descrizione dei temi centrali dell'iniziativa comunitaria  suona ormai familiare non solo ai politici e ai tecnici, ma all'intera società civile (riconoscimento dei diritti, collaborazione pubblico/privato, coesione, azioni e strategie multidimensionali), non vi è tuttavia motivo di credere che esso sia banale né che gli esiti di questa concentrazione di risorse e di attenzione sul tema della povertà siano scontati. Si presenta piuttosto l'occasione per affrontare alcuni nodi ancora irrisolti come: la definizione dei modi possibili per riconoscere i diritti in seguito alla crisi del welfare state (Ranci, 2007); la comprensione del margine di azione e del ruolo dell'attore pubblico nell'attuale contesto neoliberale (Bianchetti, 2008); la dimensione territoriale delle questioni e delle politiche sociali (Kazepov, 2009); la necessità di mettere in discussione “l'ideologia dell'integrazione” laddove venga espressa una semplice domanda di intervento settoriale (Tosi, 2006).

La posta in gioco è certamente alta, l'Anno Europeo della Lotta alla Povertà e all'Esclusione Sociale non sembra però essere un banco di prova, ma piuttosto una richiesta. Di ascolto, di osservazione, di curiosità, di responsabilità. Non resta dunque che augurare Buon Anno a tutti.


Note

(1): In Italia nel 2009 il Pil è calato del 4,3% ed il tasso di disoccupazione ha superato l’8%, traducendosi nella perdita del posto di lavoro per più di 500mila persone (Istat 2009). I più colpiti dalle nuove forme di povertà sembrano essere i giovani con rapporti di lavoro precari, gli anziani e gli immigrati (Caritas 2009). Più in generale sono le donne a dover affrontare maggiori difficoltà in questo momento (Saraceno 2009).
(2): Per sostenere le famiglie povere il Governo Italiano ha previsto alcuni interventi come la social card, il bonus elettrico, il bonus famiglia, l’abolizione dell’Ici sulla prima casa e ha stanziato la quota di 192 milioni di euro per i casi di assoluta povertà (Ministero del Lavoro 2009).
(3): “Capacitazione”, traduzione diffusa nei testi italiani del termine inglese “capability” usato da Sen; si rimanda anche al termine di “competenza possibile” introdotto da Cottino (2009).
(4): Lo HDI è stato elaborato da Amartya K. Sen in collaborazione con la filosofa politica Martha Nussbaum e con l’economista dello sviluppo Sudhir Anand su richiesta delle Nazioni Unite (UNDP), da cui è stato in seguito utilizzato. L’indice valuta la povertà attraverso la combinazione delle tre dimensioni dell’aspettativa di vita, del livello di educazione e dello standard di vita, che comprende anche il reddito procapite.


Bibliografia

- Bauman Z., 2007, Lavoro, consumismo e nuove povertà, Città Aperta, Roma
- Bianchetti C., 2008, Urbanistica e sfera pubblica, Donzelli, Roma
- Caritas Italiana (a cura di), 2009, Rapporto 2009 su povertà ed esclusione sociale in Italia, Roma
-Castel R., 1995, Les Métamorphoses de la question sociale, une chronique du salariat, Fayard, Parigi
- Cottino P., 2009, Competenze possibili, Jaca Book, Milano
- Donzelot J., 1991, Face à l'exclusion, le modèle français, Esprit, Parigi
- Friedman Y., 2009, L’architettura di sopravvivenza. Una filosofia della povertà, Bollati Boringhieri, Torino (1^ ed. 1978)
- Harvey D., 1989, The conditions of postmodernity, Blackwell, Oxford
- Istat, 2009, Rapporto trimestrale sull’occupazione in Italia. III Trimestre 2009, Roma
- Kazepov Y., 2009, La dimensione territoriale delle politiche sociali in Italia, Carocci, Roma
- Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, 2009, Programma nazionale per il 2010, anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale,
- Ranci C., 2007, Tra vecchie e nuove disuguaglianze: la vulnerabilità nella società dell’incertezza, in: RPS - Rivista delle Politiche Sociali n.4/2007, Ediesse, Roma
- Sachs I., 1988, I nuovi campi di pianificazione, Edizioni Lavoro, Roma
- Saraceno C., 2009  L’assistenza senza il Welfare, in “Il Mulino”, LVIII, n. 4/2009
- Sen A. K., 1985, Commodities and Capabilities, Oxford University Press, Oxford
- Sen A. K., 2000, Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, Mondadori, Milano
- Stiglitz J., Sen A., Fitoussi J-P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economic Performance and Social Progress, Paris
- Tosi A.,2004, Case, quartieri, abitanti, politiche, Libreria Clup, Milano
- Tosi A. , 2006, Povertà e domanda sociale di casa: la nuova questione abitativa e le categorie delle politiche, in: RPS – Rivista delle Politiche Sociali n. 3/2006, Ediesse, Roma

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